mercoledì 3 maggio 2017

La spada nella roccia


La storia e la leggenda di re Artù sono intimamente legate alla magica e misteriosa spada Excalibur. Come il mago Merlino aveva annunciato, solamente l'uomo in grado di estrarre la spada nella roccia sarebbe diventato re. Artù, inginocchiato di fronte alla roccia, fece proprio questo: prese la spada, la portò con sé fino alla Cattedrale e la depose sull'altare. Artù fu unto con l'olio santo e, alla presenza di tutti i baroni e della gente comune, giurò solennemente di essere un sovrano leale e di difendere la verità e la giustizia per tutti i giorni della sua vita. Sebbene Excalibur sia identificata con la spada nella roccia, specie nelle versioni recenti del mito arturiano, in numerose opere sono due spade distinte.








Il nome Excalibur significa in grado di tagliare l'acciaio. La prima traduzione, chiamava la spada Caliburn; una spada magica venuta da Avalon. Nella tradizione celtica il nome originale era Caledfwlch. La versione in cui Artù estraeva la spada dalla roccia apparve per la prima volta nel racconto in versi francese Merlino, di Robert de Boron. Ma l'autore inglese sir Thomas Malory, ne La morte di Artù, scrisse che la spada che Artù aveva estratto dalla roccia non era Excalibur, poiché Artù aveva rotto la sua prima spada in uno scontro con re Pellinor. Poco dopo, Artù ricevette una nuova spada dalla Dama del lago, e questa era chiamata esplicitamente Excalibur: una spada diversa, secondo Malory, dalla prima.



La parola Excalibur ha origini molto controverse, che possono farsi risalire a due ceppi linguistici ben differenti: quello latino e quello sassone. Dal latino abbiamo diversi significati, ma quello più plausibile deriva da un'antica popolazione di fabbri chiamati "Calibi", Excalibur si può quindi scindere in due parole ex (con ablativo): dai e Calibs: Calibi, quindi tradotto letteralmente il significato diventerebbe "forgiata dai Calibi". Altre sfumature latine riportano alla capacità della spada e al suo aspetto come, per esempio, ex "calibro" che tradotto significa in perfetto equilibrio. Dal ramo celtico il nome deriverebbe da Caliburn, arcaico nome della leggendaria spada, che in antichità significava "acciaio lucente" o "acciaio indistruttibile" e potrebbe quindi così ricondursi allo stesso etimo latino.
Nel suo romanzo L'ultima legione, lo scrittore Valerio Massimo Manfredi ipotizza che Excalibur sia in realtà la leggendaria spada Calibica, forgiata dai Britanni per Gaio Giulio Cesare ed appartenuta di diritto all'Imperatore fino a Tiberio, che la nascose, e tornata in Britannia al seguito di Romolo Augusto, l'ultimo Cesare. Sulla lama era incisa l'iscrizione CAI • IVL • CAES • ENSIS CALIBVRNVS, della quale la rovina del tempo avrebbe poi lasciato leggibile solo E S CALIBVR.


Me c'è un'altra spada nella roccia, che ancora non è stata estratta:

Che il mito bretone sia nato in Toscana? A nessuno è dato dirlo ma la splendida abbazia conserva la storica spada che racconta storie di antichi cavalieri

San Galgano
Tratto da "Slowtuscany". La Toscana raccontata da Damiano Andreini

A circa 40 Km da Siena, in direzione sudest (Grosseto), in una valle isolata tra le colline, si trovano un'antica e grandiosa Abbazia cistercense, ormai sconsacrata e in parte diroccata, e 50 metri più in alto, sulla collina di Montesiepi, una piccola cappella di forma circolare al cui interno si custodisce una delle "reliquie" più affascinanti e misteriose dell'intera regione: la spada nella roccia di San Galgano. Proprio al centro della cappella circolare, dal pavimento in cotto sporge uno sperone di roccia, al cui interno è incastonata una spada cruciforme, che dalle analisi risulta forgiata all'incirca nel 1170. 



Sempre nella cappella ci sono alcuni affreschi del '300 che la ritraggono con esattezza di particolari. Lo spettacolo è a dir poco suggestivo, e il richiamo immediato al ciclo bretone di Re Artù e alla "spada nella roccia" fa pensare ad una somiglianza non casuale.






 Galgano era un giovane cavaliere, nato nel 1147 a pochi chilometri da Siena. La leggenda narra che una notte apparve a Galgano l'Arcangelo Michele che lo guidava, attraverso uno stretto ed impervio sentiero, fino alla collina di Montesiepi, dove fu infine accolto dai dodici Apostoli di fronte ad un tempio di forma rotonda. Galgano interpretò questa visione come un segno del volere divino; qualche tempo dopo, infatti, avrebbe fatto di quel luogo isolato la sede della sua nuova e definitiva dimora da eremita: recatosi sulla collina di Montesiepi, abbandonò la veste di cavaliere e infisse la sua spada in una roccia, in modo da farne una croce. Quella spada è ancora lì, da più di ottocento anni, come simbolo di una incorruttibile conversione.


Oltre allo stupore e alla suggestione che essa infonde, c'è un altro aspetto forse ancor più attraente da cogliere in quella straordinaria reliquia: la possibilità che il mito della 'spada nella roccia', famoso per essere legato alla saga bretone di Re Artù, sia nato in realtà proprio in Toscana, da qui esportato in Francia e poi innestato nel ciclo arturiano. Alcuni fattori rendono plausibile quest' ipotesi: sia l'Abbazia cistercense che la Cappella dedicata a Galgano sono coeve alla scoperta della presunta tomba di Artù a Glastonbury, una scoperta che ebbe molta risonanza in tutta Europa. 
A ciò colleghiamo il fatto che proprio i cistercensi furono i propagatori più assidui della leggenda arturiana. (http://www.turismo.intoscana.it/site/it/itinerario/Re-Artu-in-Toscana-San-Galgano-e-la-spada-nella-roccia/)


Nessun commento:

Posta un commento